Antichi riti arborei nella terra dei lupi

Arrivo al paese

Come ogni anno il giorno della Pentecoste si rinnova uno dei riti arborei più importanti della Lucania: il Maggio di Accettura.

I buoi e il Maggio

I buoi e il Maggio

L’area ricade nel Parco Regionale di Gallipoli Cognato e delle dolomiti lucane in provincia di Matera.

La festa ha come simbolo il matrimonio tra due alberi: il “maggio”, il maschio, grosso albero di cerro di circa 30 metri tagliato nel bosco di Montepiano e trasportato con possenti buoi di razza podolica e la “cima”, la femmina, un agrifoglio tagliato per l’occorrenza nella foresta di Gallipoli Cognato che dall’altra parte del paese viene trasportata a spalla. Simultaneamente i due sposi si incammineranno, per le nozze, verso il paese dove saranno innestati e successivamente innalzati nella piazza principale.

Il trasporto del Maggio

Il trasporto del Maggio

Molte sono le persone, provenienti da regioni limitrofe, che prendono parte al rito e a queste si aggiungono i lucani d’Europa che colgono l’occasione per ritornare alla terra natia per rigenerare la loro appartenenza ad una cultura che ha radici antiche.

Frutto delle vicissitudini storiche è la cultura posta alla base delle relazioni sociali, che contraddistingue gli abitanti di questo territorio.

A pranzo nel bosco

A pranzo nel bosco

Quella che Carlo Levi definì “Civiltà Contadina” si rispecchia nei rapporti interpersonali, specie nei rapporti con il mondo esterno nei cui confronti sacra risulta l’ospitalità.

Presso le popolazioni del Parco il forestiero perde la connotazione di “Estraneo” ed acquista quella di “Ospite gradito”.

Secondo gli antropologi, queste celebrazioni sono fedeli ad uno schema presente negli antichissimi riti pagani agrari ed arborei tipici delle popolazioni contadine di molti Paesi europei e mirano a portare nel proprio paese e nella propria casa lo spirito fecondatore della natura, risvegliatosi con la primavera. Rappresentano pertanto l’idea di rigenerazione della collettività umana mediante una sua partecipazione attiva alla resurrezione della vegetazione.

Nella conduzione delle manifestazioni il ruolo di protagonista non è prerogativa delle classi privilegiate, ma è un ruolo che si conquista sul campo mediante la dimostrazione delle proprie capacità.

Il significato profondo di una cerimonia che rappresenta l’unione fra “cimaioli” e “maggiaioli”, il primato dell’unità sulla separazione, la vittoria della disponibilità degli uomini sulla intransigenza e l’egoismo.

E’ un patto fra uomo e natura.

Lungo il cammino

Lungo il cammino

Attraversando questi boschi mi è capitata l’occasione di parlare anche di lupi.

Molti sono gli allevatori di vacche podoliche che con i loro buoi, allevati all’uopo, partecipano al trasporto del maggio.

Tra questi abbiamo incontrato Pietro Camardi, che per passione e mestiere dirige le grandi mandrie nelle transumanze per i boschi lucani. Con lui abbiamo parlato del nostro caro predatore.  Può  sembrare strano da parte di un mandriano,  ma Pietro ama i lupi! Riconosce nel loro fascino e nella loro astuzia, la bellezza della natura.

Pietro Camardi

Dando uno sguardo alle varie richieste d’indennizzo degli ultimi 4 anni inoltrate alla regione Basilicata sui danni da lupo, emerge un dato che per me è alquanto strano: 32 vacche e 49 vacchette predate negli allevamenti presenti in regione. E possibile che i lupi riescano a predare questo grosso quantitativo di mucche!?

Pietro ci ha fornito delle delucidazioni in merito.

Per quanto la sua esperienza gli abbia insegnato, ci dice che nella maggior parte dei casi, le morti di questi maestosi bovini, sono dovute alla non curanza degli stessi allevatori che tralasciano le cure antibiotiche da fare dopo un tentativo di aggressione da parte di lupi o di cani rinselvatichiti. In realtà, racconta, tentativi di predazioni, soprattutto nel periodo invernale ci sono ma animali giovani e forti come questi esemplari  di razza podolica, riescono a tenere a bada i lupi riportando solo alcune ferite che poi non vengono curate e a volte l’animale rischia di morire per infezioni. A suo dire, nelle sue mandrie che conduce da anni non è mai successo,  eppure lui i lupi li sente ululare nel cuore della notte ed è sempre pronto e vigile a difendere la sua mandria con la sola arma della sua bocca.

Resta pertanto l’amarezza che le noncuranze umane ricadano sulla falsa fama del predatore senza scrupoli.

Il nostro auspicio è che anche un mai “Estraneo” come il lupo possa essere in futuro considerato, da una popolazione più cosciente e responsabile, “Ospite gradito”.

Alla prossima avventura in terra lucana.

Fabio Quinto

2 commenti su “Antichi riti arborei nella terra dei lupi”

  1. De Marino nei suoi scritti, tra cui “Sud e Magia”, descive perfettamente il linguaggio metaforico di questa terra e soprattutto dei sui abitanti. Quella del lupo è una metafora del passato ancora presente e di un futuro mi auguro più “ospitale” per questa Terra.
    Tradizione è cultura, sempre convinta.
    Grande Fabiù, bel lavolo
    🙂

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