Surplus-killing: predazione in sovrannumero nell’appennino emiliano

Di Francesco Cocetti

Per molti predatori il buon esito della caccia dipende dall’effetto sorpresa: se la vittima si accorge in tempo del pericolo, il predatore ha scarse probabilità di andare a segno. È quanto succede, per esempio, al lupo (Canis lupus) quando caccia caprioli (Capreolus capreolus) riuniti in piccoli branchi. Maggiore è il numero di individui riuniti assieme, minori sono le probabilità di successo venatorio del lupo. Aumenta di fatto la possibilità che quando il predatore si profila all’orizzonte almeno un individuo stia allerta, e appena un capriolo fugge, tutti gli altri lo seguiranno. Alla luce di queste semplici dinamiche risulta altamente improbabile e raro il verificarsi in natura di un fenomeno di surplus-killing su più selvatici contemporaneamente. il surplus-killing o excessive-killing è una modalità di predazione caratterizzata da l’uccisione da parte di un predatore della sua preda con basso o nessun consumo della carcassa. È un Evento raro che si verifica in genere quando le prede sono vulnerabili e abbondanti. Nel caso in cui le prede siano animali domestici avviene più di frequente; questo perché in condizioni di allevamento all’interno di strutture che impediscono la fuga alla preda (recinzioni chiuse, ovili, gabbie etc…) aumentano di fatto le appena citate condizioni di abbondanza e vulnerabilità. Fenomeni di questo tipo caratterizzano molti altri predatori oltre il lupo, ma solitamente il loro verificarsi è comunque intrinsecamente collegato alla presenza di ostacoli di origine antropica. La maggior parte dei casi conosciuti di surplus-killing è quindi relativa a prede domestiche o selvatici mantenuti all’interno di recinti in stato di semilibertà.

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I caprioli come tutti i selvatici devono mantenere un equilibrio tra la necessità di foraggiamento e il pericolo di esposizione, tale compromesso è però influenzato dalla fame dell’animale. Da più di due settimane persistevano al suolo una quarantina di centimetri di neve e il branco di caprioli, oggetto della predazione qui descritta, si era spinto in prossimità delle abitazioni per alimentarsi dei germogli e delle bacche di ligustro (Ligustrum vulgare), specie che cresce abbondante in siepi a ridosso dei muretti a secco presenti nel sito. Tale comportamento è stato uno dei fattori che hanno concorso a stringere i caprioli in una trappola. Nel luogo esistono infatti numerose recinzioni variamente disposte, le quali hanno costituito l’ostacolo primario alla fuga dei piccoli cervidi. Complessivamente sono stati predati quattro caprioli, (vedi foto) tre maschi e una femmina; due corpi sono stati parzialmente consumati mentre altri due sono stati lasciati praticamente integri. Dalle tracce rinvenute sul posto si pensa i lupi fossero 3/4. Risulta evidente come la presenza di muretti e recinzioni, nonché di neve alta e oscurità abbiano concorso al verificarsi di questo fenomeno di surplus-killing su selvatici in stato di assoluta libertà. Non dobbiamo inoltre dimenticare che il compromesso tra necessità alimentari e pericolo di esposizione esiste anche per il lupo nei confronti dell’uomo, e che quindi l’estrema vicinanza a un borgo abitato ha certamente favorito l’abbandono delle carcasse e la loro solo parziale consumazione.

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Cartina esplicativa

Una particolare coincidenza di fattori ha quindi consentito che tale fenomeno accadesse. La particolarità di quest’ultimo sta proprio nel fatto che in natura (seppur in presenza di opere antropiche) si siano verificate dinamiche tipicamente legate a quegli episodi di evitabile conflittualità tra lupo e zootecnia. Ciò che resta davvero intrigante e inspiegato è quanto di tutto ciò fosse premeditato nella mente del lupo. I predatori avevano osservato le neoabitudini delle prede? Lo sfruttamento delle recinzioni e della morfologia del territorio è stato del tutto casuale o ingegnosamente calcolato? A voi le risposte.

 

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