Il lupo tra emozioni e realtà

di Antonio De Donato

“Fai attenzione a girare di notte nel bosco: la lupa ha i piccoli! Ad ogni costo deve procurare loro del cibo e tu sei sicuramente una preda più facile rispetto ad un cinghiale …”. Queste le raccomandazioni di un pastore che vive nelle vicinanze del bosco.
Eppure quel giorno, pur tra mille emozioni, la paura proprio non c’era.
Era il 12 agosto 2020, una giornata come mille altre nel Bosco Pantano di Policoro, ma destinata a rimanere indelebilmente impressa nel mio cuore.
Mi ero addentrato nel bosco, prima dell’alba, con tutta l’attrezzatura fotografica, fantasticando sui magici incontri che avrei potuto fare: una femmina di capriolo con il piccolo, una martora che si arrampica su un frassino o magari proprio lei, la regina dei fiumi, la lontra. Certo, nella mia mente, il lupo proprio non c’era. Avevo sentito del suo arrivo tempo prima e avevo trovato delle tracce, ma ancora non sapevo molto di lui, tranne che fosse difficile incontrarlo. Eppure, pur non conoscendolo, esercitava un certo fascino su di me, quasi come se il nostro incontro fosse solo questione di tempo.

Lupo

All’improvviso una sagoma scura si profilò di fronte a me e si tuffò in acqua: era una lontra; purtroppo la luce fioca rendeva impossibile ogni tentativo di messa a fuoco. Dopo un paio d’ore, piuttosto amareggiato, decisi di tornarmene. D’un tratto, però, un cinghiale quasi si volatilizzò senza emettere alcun rumore. Tra le cannucce di palude, pochi metri di fronte a me scorsi qualcosa. Per un secondo pensai ad una volpe, ma era più grande. Il movimento ritmico delle scapole rompeva la linea del dorso, il collo era robusto e le dimensioni maggiori. Proseguì dove la vegetazione diveniva meno fitta, si fermò e volse lo sguardo verso di me: ci guardammo fissi l’un l’altro. Due occhi color ambra mi scrutarono nell’anima. Il tempo sembrò fermarsi, ero completamente paralizzato e il mio cuore batteva all’impazzata. Teoricamente avrei dovuto sollevare l’obiettivo e scattare delle foto, ma non ci riuscii. Per quei pochi istanti che sembrarono scorrere al rallentatore, mi sentii una cosa sola con lui. Poco dopo rivolse lo sguardo di fronte a sé e riprese tranquillamente a muoversi. Fu come se avesse deciso di condividere con me degli attimi della sua quotidianità. Solo allora feci qualche scatto dimenticandomi, però, di ruotare la ghiera dello zoom. Mi piegai con le mani sulle ginocchia, respirai e cercai di realizzare quello che mi era appena successo: avevo incontrato un lupo!

Frequento la Riserva Regionale Bosco Pantano fin da piccolo e questo mi ha portato inevitabilmente ad appassionarmi alla natura e a studiare Scienze Naturali. Con il passare degli anni, per immortalare dei momenti durante le passeggiate nel bosco, iniziai a portarmi prima una fotocamera compatta, poi una telecamera e infine comprai una reflex con un teleobiettivo. Ricordo bene il primo incontro con un capriolo e con un tasso, ma solo del lupo conservo nitidamente tutte le emozioni vissute.

Qui il lupo mancava da molto tempo e prima di incontrarlo lo conoscevo poco. Sapevo come riconoscere una sua fatta, avevo letto qualcosa sulle dimensioni del suo territorio e sapevo che era presente nel Parco del Pollino, ma non ero mai riuscito a vederne uno. Dopo quell’incontro comprai diversi libri sull’argomento e iniziai a leggere qualsiasi cosa mi capitasse tra le mani su di lui. Mi si aprì un mondo nuovo: capii cosa mangiava e come la sua dieta fosse flessibile, la struttura sociale molto simile alla nostra famiglia, la dispersione dei giovani ma, soprattutto, quanto la specie fosse socialmente polarizzante e quanto fosse odiata da alcune persone.
Infatti, in paese, si erano diffusi diversi racconti: qualcuno era stato inseguito fin su di un albero da un branco di ventidue lupi, qualcun altro aveva visto di notte la luce dei loro occhi color sangue e altri ancora giuravano di averli visti, di persona, scendere da furgoni entrati nel bosco.
Non mi ci volle molto per capire quanto l’immaginazione dell’uomo fosse fervida e lontana dalla realtà!
Eppure nel Bosco Pantano i lupi non hanno vita facile. Dopo essersi stabiliti si sono riprodotti una volta dando alla luce diversi piccoli che dopo pochi mesi hanno iniziato a mostrare i segni della rogna insieme alla madre. L’incontro con un giovane magro, con pochissimo pelo e con delle ferite sanguinanti, mi fece capire quanto la vita in natura fosse difficile anche per un predatore. Dopo un po’ il padre scomparve, probabilmente vittima di un laccio o di un bracconiere. Negli anni seguenti non vidi altri piccoli e, probabilmente, solo un paio della prima cucciolata sono sopravvissuti.
Incontrare un lupo in natura, a causa del suo comportamento schivo ed elusivo nei confronti dell’uomo, non è un evento all’ordine del giorno, tantomeno lo è riuscire a fotografarlo. Gli ambienti del Bosco Pantano, poi, sicuramente non rendono la vita più facile a chi è in cerca di uno scatto memorabile: un sottobosco fittissimo ed impenetrabile, una macchia mediterranea impraticabile e la totale assenza di radure o aree aperte rendono la ricerca dello scatto ancora più difficile.
Probabilmente proprio queste caratteristiche, unite al desiderio di rivivere le stesse emozioni della prima volta, mi spingono alla ricerca di quello sguardo magnetico anche attraverso il mirino della macchina fotografica. Non so quando capiterà ancora, ma so per certo che la consapevolezza di percorrere gli stessi sentieri da lui battuti riveste ogni volta di magia anche una semplice passeggiata nel bosco.

Il legame tra il lupo, il bosco e l’ambiente in generale è più profondo di quel che sembra.
Alcuni ecologi sostengono che il mondo è verde (intendendo con il termine “verde” la biomassa vegetale) perché i predatori mantengono entro certi limiti le popolazioni di erbivori.
Il lupo, svolgendo un ruolo chiave negli ecosistemi naturali, ne è probabilmente il massimo esempio. All’interno della catena trofica, occupando la posizione di predatore apicale, è in grado di controllare l’abbondanza di specie-preda attraverso un meccanismo che, in ecologia, viene definito controllo top-down. Questo può portare, indirettamente, ad una serie di effetti “a cascata” che arrivano ad interessare anche i livelli trofici più bassi, fino a comportare un aumento dell’abbondanza delle specie vegetali.


Nel Parco Nazionale dello Yellowstone, in passato, l’estinzione locale del lupo ha causato un vero e proprio declino delle popolazioni ornitiche e non, legate alla vegetazione ripariale. L’eliminazione del predatore ha provocato un incremento della popolazione di cervi i quali, nutrendosi di salici, pioppi e altre specie vegetali e non subendo più nessun tipo di controllo da parte dei lupi, hanno di fatto sottratto l’habitat a numerose specie dell’avifauna, fino a causarne la scomparsa. Per questo nel 1995 all’interno del Parco venne reintrodotto il lupo (unico caso di reintroduzione insieme a quello del lupo rosso negli Stati Uniti e del lupo messicano). Lentamente si assistette ad una vera e propria rivoluzione naturale: si ricostituì la fascia perifluviale (non più soggetta al sovrapascolo da parte dei cervi), diminuirono i fenomeni erosivi, aumentarono l’entomofauna e la biodiversità complessiva. Gli stessi cervi, subendo una forte pressione selettiva, ne hanno beneficiato e non sono mai scomparsi dall’area.

La dieta del lupo è fortemente opportunistica. Nutrirsi di una carcassa richiede un dispendio energetico quasi nullo e in natura, soprattutto per un predatore, il bilancio fra energia spesa ed acquisita è fondamentale per la sopravvivenza.
Uno studio condotto in Polonia, attraverso l’analisi delle feci dei lupi, ha dimostrato come il virus della peste suina non riesca a sopravvivere al passaggio attraverso il loro tratto intestinale; inoltre, gli enzimi della saliva danneggiano la superficie esterna del virus limitandone l’infettività. Il lupo, quindi, rimuovendo le carcasse infette dall’ambiente e predando preferibilmente gli individui malati, potrebbe contribuire a limitare la diffusione del virus.
Il cinghiale, abbondantemente diffuso ormai in tutta la nostra penisola direttamente o indirettamente ad opera dell’uomo e causa di implicazioni economiche e sociali, rientra abitualmente nella sua dieta in quasi tutta la nazione.


Nelle pianure italiane la nutria, specie alloctona ed invasiva, responsabile dell’erosione e dell’indebolimento delle sponde dei corsi d’acqua, viene frequentemente da lui predata. L’estinzione del lupo in alcune aree ha comportato una variazione strutturale delle comunità, manifestatasi con una riduzione della biodiversità. Come altre specie chiave, il suo impatto sull’ecosistema è enormemente maggiore rispetto al suo numero.
Il nostro futuro sembra essere orientato verso una maggiore consapevolezza e tutela nei confronti dell’ambiente. E’ sempre utile, però, ricordarsi quanto la tutela dell’ambiente sia strettamente e vicendevolmente connessa con la tutela del lupo.

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