Compromessi conservativi problematici

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di Brunella Pernigotti

Dopo aver analizzato una soluzione di compromesso per la conservazione del lupo in Slovacchia, non è emersa nessuna prova che gli abbattimenti voluti dalla gestione pubblica del lupo abbiano ridotto le perdite di bestiame.
In tutto il mondo, la protezione dei grandi carnivori in zone in cui l’attività umana, soprattutto l’allevamento di animali domestici, è presente, determina conflitti di grande portata, nonché di vecchia data. La sfida è riuscire a minimizzare il rischio di perdite di animali domestici, per gli allevatori, e di animali selvatici, per l’equilibrio dell’intero ecosistema. Un bilanciamento tra la conservazione degli animali selvatici, l’allevamento e la caccia dovrebbe essere il maggior desiderio dei politici, ma spesso esso significa anche giungere a compromessi problematici. I sistemi letali utilizzati in passato ultimamente non sono più supportati dalla maggioranza delle persone, per via delle implicanze etiche e di protezione dell’ambiente. Oltre a ciò, degli studi indipendenti pubblicati tra il 2016 e il 2018 sono giunti alla conclusione che è necessario migliorare gli standard utilizzati per valutare i criteri di intervento contro gli attacchi dei carnivori, evidenziando come tali standard siano stati finora molto più bassi per gli interventi letali rispetto a quelli non letali.
I piani di gestione (= abbattimento) del lupo da parte degli Stati sono spesso giustificati come strumento per ridurre le predazioni del bestiame e facilitare la convivenza con gli esseri umani. A parte le non trascurabili implicanze legali, etiche ed ecologiche, gli interventi letali in questo caso dovrebbero essere considerati uno strumento efficace solo se si osservasse una riduzione considerevole delle perdite di bestiame dopo la loro attuazione e a patto che non rischino di minacciare la sussistenza delle popolazioni di lupi. Tuttavia è interessante notare come la relazione tra i progetti di abbattimento e la dinamica delle perdite di bestiame abbia ricevuto meno attenzione del dovuto, pur considerando il notevole interesse pubblico attorno a questo argomento.
In questo studio, pubblicato su Conservation Letters nel novembre scorso, i cui autori sono Miroslav Kutal, Martin Duľa, Alisa Royer Selivanova, José Vicente López-Bao, è descritta la situazione venutasi a creare in Slovacchia, dove dal 2014 al 2019 venne usato un piano di abbattimenti regolati e limitati in particolari zone e periodi. In quegli anni si stabiliva una quota annuale di abbattimenti aperti a privati cittadini, liberi di cacciare lupi non specifici. Lo scopo della ricerca è di testare l’influenza che questo compromesso conservativo ebbe sulle predazioni di animali domestici da parte dei lupi.
In Slovacchia i lupi vennero a lungo cacciati senza una valutazione dell’impatto che questa pratica ebbe sulle dinamiche della popolazione di lupi o sulle perdite di bestiame. Ogni anno, la caccia al lupo era consentita da novembre a metà gennaio. Ogni anno le quote venivano fissate prima di novembre sulla base dei suggerimenti delle amministrazioni distrettuali e di diverse fonti di informazione come per esempio i dati ufficiali sulle predazioni di bestiame e i risultati dei monitoraggi del lupo. Tuttavia, non venne mai sviluppata alcuna metodologia circa l’uso dei dati sulla predazione del bestiame per stabilire le quote, e queste venivano fissate solo a livello regionale e non a livello distrettuale.
I ricercatori di questo studio, invece, hanno utilizzato le informazioni fornite dai distretti slovacchi circa i danni al bestiame, il numero di lupi cacciati e la dieta del lupo, selezionando 54 distretti, in cui la presenza del lupo era stata segnalata dai cacciatori durante il periodo di studio, per studiare l’effetto della caccia sugli schemi riportanti i danni al bestiame, e aggiungendo 7 distretti della Slovacchia nordoccidentale per studiare la dieta del lupo.

Sulla base dei due diversi approcci utilizzati in questo studio, i piani nazionali di abbattimento non erano correlati ai livelli di predazione del bestiame nei vari distretti. Il sistema delle quote veniva fissato su scala nazionale e regionale ogni anno e non poteva colpire specifici punti caldi con maggiori danni. L’assenza di procedure uniformi per l’utilizzo dei dati sulla predazione del bestiame in tutta la Slovacchia per dare priorità alle aree di conflitto è stato probabilmente uno dei principali difetti nel fissare le quote. “Il fallimento osservato nel ridurre le perdite di bestiame è prevedibile se i predatori vengono eliminati in modo non selettivo. Bradley e al. (2015) hanno scoperto che anche la rimozione parziale di un branco di lupi non è efficace nel ridurre le predazioni del bestiame se condotta più di 14 giorni dopo l’evento di predazione, ed è stata osservata solo una differenza marginalmente significativa tra la rimozione parziale del branco e nessuna azione se condotta dopo 7 giorni dalla predazione.”
Altri due studi condotti nel Montana, negli Stati Uniti e in Slovenia non hanno dato prove che l’eliminazione dei lupi attraverso un piano statale di abbattimenti abbia influenzato il numero di predazioni di bestiame da parte dei lupi anno dopo anno.
Concludendo, esistono forti spinte in politica affinché si considerino i grandi carnivori come capri espiatori di una cattiva gestione umana dell’ambiente e del mondo della pastorizia e nel prossimo futuro si prospettano nuovi tentativi di contenimento dei lupi in Europa utilizzando argomenti simili. Non si ha modo di sapere se il conflitto in Slovacchia riguardante la gestione dei lupi sia stato mitigato grazie a questo programma di abbattimenti, nonostante non vi siano effetti osservabili sulle predazioni di animali domestici, perché non si è svolta alcuna ricerca sull’elemento umano prima e dopo l’attuazione di questo compromesso di conservazione. Inoltre, altri studi disponibili e provenienti da altre regioni europee non hanno fornito molte prove del fatto che gli atteggiamenti delle popolazioni locali nei confronti dei lupi diventino più positivi dopo tali piani statali di abbattimento, o che questi riducano il bracconaggio.
Ciò che viene da pensare è che a livello governativo, prima di prevedere dei programmi di abbattimenti indiscriminati di individui appartenenti a una specie selvatica protetta e da conservare, bisognerebbe incentivare l’approfondimento di ogni tipo di studio che coinvolga a 360 gradi tutti gli attori e i fattori coinvolti, nonché commissionare serie valutazioni dei possibili effetti positivi e negativi che tali interventi possono avere, anche a posteriori.
[Per consultare il testo dello studio e i riferimenti bibliografici: Testing a conservation compromise: No evidence that public wolf hunting in Slovakia reduced livestock losses (wiley.com) The Society for Conservation Biology (wiley.com) ]

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