Di Antonio Iannibelli
I lupi non nascono sinantropi. Quando perdono la naturale diffidenza verso l’uomo, si tratta di un’anomalia profonda, frutto diretto delle nostre azioni. Per fare chiarezza su questo fenomeno, è fondamentale distinguere tra le diverse cause che portano i lupi a vivere in prossimità dell’uomo.
Un lupo sinantropo è un animale che, pur rimanendo selvatico, si è adattato a sfruttare l’ambiente antropizzato per trovare cibo e riparo. Questo è un processo di adattamento eto-ecologico, indotto dalla pressione ambientale e non da un legame stretto con l’uomo.
Tuttavia, esiste un altro caso che contribuisce a creare la percezione dei “lupi confidenti”…
Lupi con abituazione (più che vero imprinting): si tratta di individui, spesso cuccioli, che hanno subito un processo di abituazione verso l’uomo. Ciò accade, ad esempio, quando sono stati manipolati direttamente (catturati o tentati di addomesticare) e nutriti da persone, o nel caso di cuccioli orfani che hanno trovato cibo facile avvicinandosi alle attività umane. Questi lupi superano la loro naturale diffidenza, diventando “confidenti”. Va ricordato che questo fenomeno di abituazione è stato, a livello evolutivo, la base della domesticazione del lupo nel cane.
L’articolo si concentrerà principalmente sui lupi sinantropi, la tipologia più diffusa, che l’uomo ha inconsapevolmente “addestrato” a comportarsi in modo innaturale. Le cause sono molteplici e complesse, riconducibili a tre fattori principali: la persecuzione, il consumo di suolo con la conseguente frammentazione degli habitat, e l’ignoranza.
La persecuzione: tra bracconaggio e contraddizioni di legge
In Italia, il lupo è una specie protetta dalla legge 157/92, articolo 2, che vieta ogni forma di violenza e disturbo. Eppure, la persecuzione esiste su due fronti:
1.Quello illegale, perpetrato dai bracconieri, che con abbattimenti, avvelenamenti e prelievi di cuccioli distruggono la struttura sociale dei branchi.
2.Quello della violenza indiretta e legalizzata, un’evidente contraddizione.
Azioni umane come la pressione venatoria, la distruzione delle risorse naturali e l’espansione di agricoltura e allevamenti intensivi spingono i lupi verso le aree abitate. A questo si aggiungono le battute di caccia al cinghiale, che invadono il territorio del lupo, creando conflitti diretti tra cani da caccia e predatori, oltre a sottrarre una delle principali fonti di cibo del lupo.
Quando un branco viene destrutturato dalla persecuzione, i lupi rimasti — spesso giovani e inesperti — perdono i punti di riferimento e si trovano costretti a cercare cibo vicino ai centri abitati, perdendo la naturale diffidenza e diventando sinantropi. La violenza non li rende più timorosi, ma li conduce a comportamenti imprevedibili. Le ultime, disastrose modifiche alla legge sulla caccia, che hanno portato a un aumento della pressione venatoria, amplificano ulteriormente questi problemi.
L’invasione e frammentazione degli habitat: il peso del consumo di suolo
I labirinti pericolosi delle attività umane non si limitano a invadere i territori dei lupi, ma ne distruggono e frammentano i corridoi naturali, essenziali per la ricerca di cibo, la dispersione e la fuga dai pericoli. Ogni anno, in Italia, il consumo di suolo distrugge un’area equivalente all’intero territorio vitale di una famiglia di lupi: oltre 70 km². Questo fenomeno non solo isola i lupi, ma danneggia anche innumerevoli altre specie selvatiche.
Le infrastrutture come strade, autostrade, ferrovie e canali agiscono come vere e proprie barriere insuperabili, trasformandosi spesso in trappole mortali. Anche eventi umani apparentemente innocui — concerti, competizioni sportive, fuochi d’artificio nelle aree naturali — creano inquinamento acustico e visivo che spaventa e costringe gli animali alla fuga, alterando i loro comportamenti naturali.
La fase errante, cruciale per i giovani lupi in cerca di nuovi territori e compagni, è gravemente ostacolata da queste interruzioni. I branchi vengono destabilizzati e molti animali sono costretti a cercare soluzioni disperate e pericolose, come l’avvicinamento alle aree urbanizzate. In questo contesto, i lupi trovano rifugio nei parchi urbani e nelle periferie, dove trovano cibo facile e riparo. Ma il contatto con l’uomo diventa inevitabile, e con esso nascono nuovi conflitti che, ironicamente, portano a ulteriore persecuzione.
Ignoranza e cibo facile: una dipendenza creata dall’uomo
Un’altra causa fondamentale è l’ignoranza, spesso mascherata da buona fede. Lasciare cibo all’aperto — scarti di cucina, mangime per animali domestici — abitua i selvatici alla facile disponibilità di risorse. Questo cibo, spesso inadatto, può causare anche gravi problemi di salute e innescare il processo di abituazione.
Il fenomeno è aggravato dai punti di raccolta per gatti e cani randagi, dove lupi, volpi, tassi, faine e altri animali trovano fonti di cibo regolari e imparano ad associare l’uomo a una risorsa, non a un pericolo. Anche l’abbandono di carcasse o scarti di macellazione da parte di privati e allevamenti contribuisce a creare questa anomala dipendenza.
Il lupo, animale opportunista, si abitua rapidamente: l’abituazione diventa una strategia di sopravvivenza. Ma più si avvicina alle case, agli allevamenti e ai paesi, più cresce il rischio di conflitti. E quei conflitti diventano spesso pretesto per nuove persecuzioni.
La soluzione: una politica di tutela, non di esasperazione del conflitto
Per evitare che i lupi sviluppino comportamenti di abituazione o diventino sinantropi, la soluzione non è la violenza, ma un cambiamento profondo nei nostri comportamenti e nelle nostre politiche.
È fondamentale educare le comunità alla corretta gestione dei rifiuti, alla protezione degli animali domestici e alla convivenza con la fauna selvatica. Serve un controllo severo da parte delle istituzioni contro il bracconaggio e contro le pratiche venatorie che mettono in conflitto diretto umani e fauna protetta. Serve una maggiore attenzione, da parte dei cittadini e degli enti preposti, per evitare di creare attrattive — volontarie o involontarie — per gli animali selvatici.
Una migliore regolamentazione della caccia è indispensabile. Vietarla nei territori dove le famiglie di lupi si riproducono, ad esempio, sarebbe un passo importante per ridurre il conflitto, soprattutto con i cani.
Una politica seria di tutela dovrebbe anche prevedere la costruzione di corridoi ecologici lungo le principali vie di comunicazione e una rete di connessione tra le aree protette, come previsto da Rete Natura 2000.
In definitiva, serve una vera politica di riduzione dei fattori di conflitto, non una politica che, come quella attuale, li amplifica ed esaspera una situazione già precaria. Solo adottando buone pratiche e recuperando un profondo rispetto per la natura selvaggia del lupo, potremo spezzare questo circolo vizioso. La convivenza è possibile, e la sinantropia si può ridurre enormemente. Ma servono consapevolezza, vigilanza e la volontà concreta di correggere le nostre storture.
La selezione naturale e il lupo sinantropo
A chi pensa che tra tutti i lupi categorizzati come sinantropi possano esserci casi di patologie neurologiche innate — devianze non causate da traumi o condizionamenti umani — e che, in fondo, anche negli esseri umani ci siano i “matti”, rispondo che l’idea di associare il comportamento del lupo sinantropo a patologie innate è interessante. Tuttavia, la realtà nel mondo selvatico è profondamente diversa, e questo ragionamento mi porta a una conclusione opposta.
La scienza e la mia lunga esperienza sul campo suggeriscono che il paragone con gli esseri umani non è calzante, e il motivo principale e fondamentale risiede nella selezione naturale.
Nel mondo animale, e in particolare tra predatori complessi come i lupi, la sopravvivenza è una battaglia costante. Gli esemplari che non sono adatti a sopravvivere, che sia per debolezze fisiche, problemi comportamentali o patologie, non riescono ad andare avanti. La natura opera un meccanismo di selezione spietato ma efficace: gli individui meno sani e meno adatti semplicemente periscono. In natura, non esistono veterinari o cliniche a pagamento, né tantomeno accanimento terapeutico come accade per noi umani. Chi ha i mezzi economici per sopravvivere anche se non è il più forte pratica l’esatto contrario della selezione naturale: la selezione contro natura.
I lupi sono animali altamente sociali e complessi. Già dalla nascita, la lupa madre sceglie istintivamente i cuccioli più sani e forti. È noto che solo una piccola percentuale dei cuccioli sopravvive, a dimostrazione che i genitori investono le loro energie unicamente negli individui con le migliori probabilità di farcela. Un cucciolo con una devianza neurologica avrebbe poche, se non nessuna, possibilità di sopravvivere in un branco, figuriamoci di raggiungere l’età adulta o di diventare un riproduttore, e ancor meno un lupo sinantropo.
In genere, i rari casi di lupi che si avvicinano all’uomo per motivi diversi dalla normale territorialità sono individui malati o debilitati, spesso a causa della mancanza di cibo o di patologie come la rogna e le zecche, infezioni che subentrano dopo la nascita e a volte sono indotte dall’uomo. Per esempio, il contatto con i cani domestici può trasmettere gli acari della pelle, ma mentre i cani vengono curati dai padroni, i lupi quasi sempre muoiono. Comunque, in questi rari casi, gli animali non rappresentano un pericolo perché sono estremamente deboli e in cerca di aiuto, non di scontro. Le storie di “lupi confidenti pericolosi” sono spesso basate su una scarsa conoscenza del comportamento animale e sulla confusione tra un animale malato e uno “aggressivo”.
Credo quindi che le “storture contro natura” che portano i lupi ad avvicinarsi all’uomo siano quasi sempre una conseguenza delle nostre azioni: la perdita di habitat, l’abitudine al cibo facile e le infinite forme di attrattivi che gli umani creano, anche involontariamente. Questi attrattivi (ad esempio, scarti di macelleria, animali domestici incustoditi o cibi industriali come croccantini e scatolette di carne) sono richiami irresistibili che possono creare dipendenza come le droghe e si accompagnano alla mancata educazione alla convivenza. Queste non sono devianze innate, ma reazioni a condizioni che abbiamo creato noi.
I lupi non metterebbero mai a capo di una famiglia un incapace o un ammalato; noi umani, invece, lo facciamo troppo spesso.
Interessante chiave di lettura.
Peccato che poche persone siano istruite sul fatto che, purtroppo, quando un animale, selvatico o meno, eccede e/o “sbaglia” secondo il punto di vista umano, sia proprio l’uomo la causa degli eccessi/errori dell’animale.
Dovremmo essere noi la specie dotata di ben dell’intelletto, ma…