di Antonio Iannibelli
In Italia ci sono circa 3.307 lupi, finalmente è arrivata una risposta ufficiale.
Da decenni il numero di lupi presenti in Italia viene strumentalizzato dalla politica, dalle associazioni ambientaliste e di allevatori, dai singoli cittadini. Il lupo è uno degli argomenti più divisivi, da mostro a dio, oggetto di continue fake news sui media, dalla carta stampata ai social.
Per la prima volta è stato realizzato un monitoraggio nazionale del lupo, condotto in tutta la penisola in modo coordinato e standardizzato in contemporanea, per stimare la distribuzione e la consistenza del lupo in Italia. Il monitoraggio è stato coordinato da ISPRA su mandato del Ministero dell’Ambiente.
I risultati del monitoraggio 2020/2021 sono raccolti nel documento “Stima della distribuzione e consistenza del lupo a scala nazionale 2020/2021” realizzato e pubblicato da ISPRA ad aprile 2022. I numeri parlano di 3.307 lupi, ma trattandosi di una stima – va considerata una forchetta di errore – la stima minima è di 2.945 e la stima massima è di 3.608, di cui 946 nella zona delle regioni alpine e 2.388 nella zona delle regioni peninsulari. Gli scienziati parlano “della fotografia della presenza del lupo nel nostro paese più accurata di sempre”.
Quindi possiamo parlare di successo ecologico del predatore più diffuso d’Italia: la protezione per legge, lo spopolamento della montagna, l’aumento degli ungulati e la grande capacità di adattamento ha fatto sì che il lupo abbia potuto occupare territori che solo qualche anno fa si pensavano impossibili. Dalla dorsale appenninica, la sua casa per eccellenza, ha gradualmente occupato la collina e negli ultimi anni anche le Alpi e la pianura Padana, spostandoci al sud si è spinto dalla macchia mediterranea fino al mare.
Però questo successo non deve trarre in inganno perché i problemi di sopravvivenza del lupo non sono cambiati, bisogna anche tener conto che il lupo non è aumentato come densità ma, soprattutto, occupando nuovi territori.
Lungo la dorsale appenninica non ci sono più lupi di prima mentre sono arrivati dove non erano presenti, o mancavano da molti anni, come lungo la costa e in pianura dove tra l’altro incontrarlo è diventato più facile. Possiamo quindi ipotizzare che rispetto alla stima precedente (che non utilizzava metodi sofisticati di monitoraggio come quelli utilizzati in questo monitoraggio) gli esemplari in più si trovano soprattutto nei territori ricolonizzati di recente. Sulle Alpi per esempio si è visto un certo aumento di presenza del lupo perché in quel territorio vi erano ampi spazi liberi adatti ad ospitare i lupi provenienti dagli Appennini, e non solo, ma il loro numero non potrà crescere all’infinito perché anche nell’Italia peninsulare la quasi totalità degli ambienti idonei è già stata occupata.
Questo monitoraggio è servito a far conoscere quanti lupi ci sono in Italia e rappresenta uno strumento essenziale per valutare lo status di conservazione e far emergere le criticità che mettono in pericolo la loro sopravvivenza. E’ quindi necessario ripeterlo nel tempo per rendere i dati più robusti e per conoscere la dinamica, qualità, quantità e struttura della popolazione nel tempo. Le famiglie di lupi che occupano territori non proprio adatti alle loro esigenze, per esempio, potrebbero scomparire se i fattori limitanti di quel determinato habitat non miglioreranno nel tempo.
La natalità, la mortalità, ma anche le cause di morte e l’inquinamento genetico sono i fattori che ancora oggi rendono questa specie fragile e per questo “particolarmente protetta” per legge. Per esempio, non sappiamo molto sui parassiti che colpiscono i lupi ma neppure sulla competizione (intraspecifica) tra individui della stessa specie o (interspecifica) tra specie differenti, come il cinghiale o lo sciacallo dorato.
Il Canis lupus italicus resta una specie vulnerabile prima di tutto perché si tratta di una sottospecie endemica italiana ma anche per i troppi pregiudizi e il bracconaggio che continua a fare centinaia di morti ogni anno. Le notizie di lupi avvelenati, sparati, decapitati, impiccati o catturati con lacci e tagliole sono all’ordine del giorno. Vengono trovati molti lupi morti sulle strade, lungo le ferrovie e nei pressi di attività antropiche, legate agli allevamenti e all’agricoltura, ma è difficile dire quanti lupi muoiono per mano dell’uomo ogni anno.
Inoltre, i lupi muoiono anche per cause naturali come ad esempio la malattia di Aujeszky o pseudorabbia, la rogna sarcoptica o a seguito di scontri per la difesa del territorio tra individui della stessa specie.
Ma ancora, i lupi possono morire di fame, soprattutto quando i giovani vanno in dispersione o quando ancora troppo piccoli restano senza genitori. Purtroppo anche da questo monitoraggio salta subito all’occhio un dato che fa riflettere: durante i sette mesi di ricerca (ottobre 2020 – aprile 2021) sono stati rinvenuti ben 171 lupi morti.
I nemici giurati del lupo sono già sul piede di guerra sostenendo che i lupi non sono più una specie a rischio, strumentalizzando i dati, e ne chiedono gli abbattimenti perché secondo loro sono la causa di danni alle attività umane, zootecnia in primis, e pericolosi per gli uomini.
Chi interpreta la presenza del lupo come una brutta notizia si sbaglia perché, tra le tante sciagure che accadono in natura per mano dell’uomo, quella della presenza del lupo è senza dubbio una buona notizia. Il lupo aiuta l’ecosistema a mantenere i suoi equilibri vitali e a salvaguardare la biodiversità.
Aver avuto la possibilità di partecipare attivamente a questo monitoraggio mi ha reso particolarmente fiero e mi sono sentito un privilegiato perché ero autorizzato a circolare durante il periodo di lock down dovuto alla pandemia da covid-19. Uscire per le strade deserte era come trovarsi in un film, sospesi tra realtà e fantasia, solo entrando nei boschi si potevano dimenticare le disastrose notizie che facevano rabbrividire tutti noi. Nel mondo dei lupi tutto sembrava svanire, solo il lupo e le sue tracce guidavano il nostro istinto. E’ stato un lavoro certosino che ha impegnato una rete di oltre 3000 persone (volontari formati e personale dei Parchi nazionali e regionali, Regioni e Provincie autonome, università, associazioni e organizzazioni di volontariato) che hanno percorso a piedi 85.000 km sulle tracce del lupo. Tra i volontari, in tutta Italia 1.092 hanno partecipato al corso di formazione e-learning organizzato da ISPRA di cui 829 hanno completato e ottenuto l’attestato di Operatore monitoraggio nazionale del lupo. Sono orgoglioso di far parte di questo gruppo assieme a 6 colleghi GEV di Bologna (Corpo Provinciale Guardie Ecologiche volontarie).
L’intero territorio nazionale è stato suddiviso in celle di 10×10 km e in 1000 di queste celle sono stati tracciati dei percorsi, detti transetti, in cui eseguire il monitoraggio. In pratica, lungo i 22.000 km di transetti prestabiliti, operatori, ricercatori e volontari hanno cercato i segni di presenza del lupo (impronte, tracce, escrementi, carcasse di ungulati e di lupi), aiutandosi anche con le foto trappole.
Da ottobre 2020 ad aprile 2021 sono stati raccolti circa 25.000 segni di presenza di cui 16.000 campioni di escrementi, 171 campioni biologici prelevati da altrettanti lupi morti e un totale di 3.350 campioni sottoposti ad analisi genetiche. Altre tracce di presenza sono state immortalate da 1.021 fototrappole, che hanno ripreso il lupo ben 6.520 volte. Dati riassunti nell’infografica pubblicata da Ispra (vedi a questo link).
Camminare sui sentieri dei lupi e sapere che contemporaneamente su tutto il territorio nazionale, dalla Calabria alle Alpi, altri volontari come me facevano la stessa attività mi ha fatto sentire parte di un grande gruppo e per la prima volta ho provato la bella sensazione di appartenere ad un Paese unito. Tra le diverse associazioni di volontariato che hanno partecipato al monitoraggio c’erano le GEV di Bologna di cui faccio parte.
Inizialmente, sono stato coinvolto dal tecnico Federparchi per percorrere i transetti da solo, ma le condizioni atmosferiche e le restrizioni del Covid-19 mi limitavano parecchio per cui grazie ai mezzi e al coinvolgimento di una dozzina di colleghi GEV, del raggruppamento di Bologna, siamo riusciti ad affrontare anche i percorsi innevati e impervi con i relativi permessi per potere circolare in sicurezza. Abbiamo percorso a piedi ogni mese i sei transetti assegnati nella provincia di Bologna ma a volte percorrendo anche in macchina centinaia di chilometri al giorno. Questa grande esperienza ha dato l’opportunità a tutti noi di conoscere meglio il lupo e di farci una propria opinione con dati elaborati scientificamente ma soprattutto ha creato un legame costruttivo tra le GEV dell’Emilia Romagna e l’ISPRA, gettando le basi per avviare nuove collaborazioni future.
Bellissimo questo articolo!
Complimenti per l’eccellente articolo. Dettagliato nei minimi particolari, espresso in modo semplice per chiunque sia interessato a capire. Peccato non si sia riusciti ancora a far capire l’importanza del lupo per l’ecosistema. Spero tanto che si possano proteggere per la salvaguardia della specie. Viva il Lupo.
A guardare la mappa dell’infografica verrebbe da pensare che la Lombardia non abbia partecipato al censimento. E invece…
Complimenti per l’articolo!chiaro ed efficace. Molto belle anche le foto.
Grazie per il tuo impegno ed entusiasmo, continua così!